L'ASSOLUTISMO MONARCHICO DI LUIGI XIV
Dopo la morte di Mazarino
nel marzo del 1661, iniziò per la Francia un cinquantennio di assolutismo
monarchico sotto la guida del giovane re Luigi XIV. Il sovrano francese infatti
si fece promotore di una politica fortemente accentratrice e si batté per
annientare tutte le forze particolaristiche, sia nobiliari che ecclesiastiche,
che avrebbero potuto contrastarlo.
Non avendo voluto nominare un nuovo
primo ministro, Luigi XIV svolse il ruolo di presidente del Consiglio di Stato,
l'organo amministrativo supremo da cui escluse sia i nobili che gli
ecclesiastici. I ministri di cui si circondò, inoltre, erano uomini di
estrazione borghese, talvolta di umili origini, e venivano scelti per la loro
fedeltà e obbedienza al sovrano. Luigi XIV, per meglio controllare ogni
settore dell'amministrazione statale, fece in modo che i suoi ministri fossero
dei semplici esecutori di ordini ed evitò di affidare loro incarichi di
fondamentale importanza nella vita dello stato.
Uno dei problemi principali
cui dovette far fronte l'energico sovrano fu quello di annullare o quanto meno
ridurre la potenza dell'aristocrazia nelle province; per raggiungere questo
obiettivo Luigi XIV rafforzò notevolmente la posizione degli intendenti
che, da semplici controllori, si trasformarono in rappresentanti del re dotati
di potere amministrativo, militare e giudiziario. Per evitare brusche reazioni
da parte della nobiltà, il sovrano francese invitò molti esponenti
dell'aristocrazia negli splendidi palazzi di Versailles, dove li abituò a
vivere di generose pensioni in un'atmosfera di fasto e frivolezze. Una volta
relegata la nobiltà francese ad un ruolo marginale nella vita del Paese,
Luigi XIV ebbe il merito di circondarsi di persone oneste e capaci, cui
affidò le cariche più importanti: fra questi assunsero grande
influenza il ministro della guerra, poi divenuto cancelliere, Michel Le Tellier,
suo figlio il marchese di Louvois e Jean Baptiste Colbert, controllore generale
delle finanze dal 1661 al 1683.
Per quest'ultimo l'eredità da
raccogliere era piuttosto onerosa; per risanare il bilancio dello Stato, Colbert
si impegnò su due fronti: abolì abusi e privilegi, incontrando le
forti resistenze della nobiltà, e potenziò le attività
commerciali, soprattutto sui mercati esteri. Tale politica economica, una
variante del mercantilismo e conosciuta come colbertismo, unita alla non comune
tenacia del neocontrollore, riportò in attivo il bilancio dello Stato,
raddoppiandone le entrate.
L'ASSOLUTISMO RELIGIOSO DI LUIGI XIV
La politica religiosa di Luigi XIV, al di
là dei suoi sentimenti personali, fu improntata alla creazione di una
Chiesa nazionale controllata dal potere secolare. Tale atteggiamento
rappresentava una costante tendenza della monarchia francese fin dai tempi di
Filippo il Bello, e si era sviluppata in una vera e propria dottrina, il
gallicanesimo, che rivendicava alla Chiesa di Francia un'estesa autonomia,
concedendo al re un accentuato potere di intervento in materia
ecclesiastica.
Era quindi naturale che Luigi XIV guardasse con favore a
questa teoria, tanto più che il sovrano riteneva indispensabile
l'unità religiosa del suo regno e l'obbedienza del clero al suo volere.
Appoggiandosi alla teoria gallicana, Luigi XIV nel 1673 volle dar prova della
sua autorità assoluta, entrando in contrasto con il papato sulla
questione delle regalie. Da lungo tempo la corona francese esercitava il diritto
di regalia temporale, cioè incassava le rendite di certe sedi vescovili,
quando rimanevano vacanti; questo diritto riguardava però solo alcune
regioni della Francia e di fatto era caduto in disuso da tempo. La polemica sui
limiti di tale diritto si aprì quando quattro province ecclesiastiche
reclamarono l'esenzione. Con un editto del 1673 il sovrano francese non solo
estese a tutto il regno il diritto di regalia temporale, ma anche quello di
regalia spirituale, cioè di disporre delle cariche di certi conventi e
dei benefici. Il clero francese diede il suo assenso alla politica del re,
pubblicando una Dichiarazione gallicana nel 1682, che proclamò
l'indipendenza assoluta dei sovrani dal papa. La reazione del papa Innocenzo XI
fu molto energica e i rapporti fra Luigi XIV e la Chiesa romana assunsero toni
drammatici, tanto da raggiungere un punto di rottura e far temere una scomunica
del re e la scissione della Chiesa francese. La morte di Innocenzo XI
nell'agosto del 1689 e l'elezione di Alessandro VIII, scongiurarono il ricorso a
misure estreme, consentendo di raggiungere una soluzione di compromesso durante
il pontificato di Innocenzo XII.
L'atteggiamento di Luigi XIV nei confronti
degli ugonotti fu inizialmente abbastanza tollerante, tanto che il sovrano si
impegnò a rispettare l'Editto di Nantes. A partire dal 1661 però
iniziarono le prime restrizioni a danno dei protestanti: numerosi templi furono
chiusi, vennero poste limitazioni all'esercizio pubblico del culto e introdotte
una serie di limitazioni di carattere civile. Gli ugonotti vennero così
esclusi dalle alte cariche politiche, dai pubblici uffici e anche dalle libere
professioni. Il ritmo incalzante dell'azione contro gli ugonotti è
testimoniato dalle ottantacinque leggi approvate contro di loro tra il 1679 e il
1685. Gli ugonotti poterono godere dell'appoggio del Colbert, che li difese
strenuamente in quanto essi controllavano gran parte delle industrie e delle
finanze. Ma dopo la morte del ministro nel 1683, le persecuzioni si fecero
sempre più pesanti; contro gli ugonotti venne inviato un corpo speciale
dell'esercito, i cosiddetti dragoni che, seguendo precise istruzioni, compirono
una lunga serie di soprusi. I templi protestanti furono abbattuti, fu imposto il
battesimo ai neonati ed estorte ai moribondi le conversioni. Nel 1685 infine
Luigi XIV inferse il colpo più duro: fingendo di credere che gli ugonotti
si fossero tutti convertiti, con l'Editto di Fontainebleau revocò
formalmente l'Editto di Nantes. L'Editto di Fontainebleau stabilì la
distruzione di tutti i templi e le scuole ugonotte.
Nonostante l'editto
proibisse l'emigrazione dei protestanti, essa fu ugualmente imponente (circa
duecentomila persone), soprattutto verso la Svizzera, l'Olanda, il Brandeburgo e
l'Inghilterra. L'esodo degli ugonotti ebbe gravi ripercussioni: buona parte
delle forze economiche e intellettuali della Francia andarono ad arricchire i
Paesi protestanti.
Luigi XIV dimostrò inoltre di non tollerare
neppure le opposizioni nell'ambito della Chiesa cattolica.
In particolare
fu ostile al giansenismo, il movimento religioso ispirato alla dottrina del
vescovo di Ypres (Belgio), Giansenio, diffusasi nel corso del XVII secolo in
Francia. Questo movimento ebbe la propria roccaforte nel monastero cistercense
di Port Royal ed ebbe fra i suoi massimi esponenti Blaise Pascal. I giansenisti
non costituirono mai un movimento unitario, ma furono più semplicemente
un gruppo di persone accomunate da alcune convinzioni fondamentali: la fede
nella possibilità di raggiungere la salvezza solo per merito della Grazia
e la fede nella predestinazione. Essi criticavano il lassismo e, in generale,
l'impostazione dottrinaria dei gesuiti, che furono loro nemici implacabili e che
potevano contare sull'approvazione del re.
L'assunzione del potere da parte
di Luigi XIV aprì per i giansenisti un periodo di dure persecuzioni che
si intensificò con l'insorgere della controversia del diritto di regalia.
Dopo molti anni di tregua, la persecuzione si acuì all'inizio del XVIII
secolo: su richiesta dei gesuiti Luigi XIV fece scacciare i giansenisti da Port
Royal e ordinò di radere al suolo il monastero. Successivamente papa
Clemente XI, sotto la pressione di Luigi XIV, rese nota la bolla Unigenitus
(1713) con cui veniva condannato definitivamente il movimento giansenista.
Nonostante la dura repressione da parte del sovrano francese, il giansenismo
riuscì a sopravvivere e a diffondersi anche durante il XVIII
secolo.
L'IMPERIALISMO DI LUIGI XIV
La politica assolutista di Luigi XIV, passato alla
storia col nome di re Sole, ebbe naturalmente ripercussioni anche nei rapporti
con i Paesi europei. Luigi XIV mirava infatti all'acquisizione da parte della
Francia dell'egemonia sull'intera Europa nei campi culturale, economico e
territoriale.
Colbert, rimettendo in sesto le finanze dello Stato, era
riuscito a fornire i mezzi per realizzare tali piani, che si tradussero, in
primo luogo, nella creazione di un potente ed efficiente esercito. Venne allora
applicato il sistema di reclutamento obbligatorio e furono adottate armi
più maneggevoli (il fucile, la sciabola e la pistola). Questo esercito
perfettamente addestrato e guidato da abili generali, quali il Vauban e il
Turenne, oltre a tener testa alle varie coalizioni antifrancesi, costituì
anche la base di tutto l'ordinamento monarchico all'interno, mantenendo in
soggezione la sempre riottosa aristocrazia.
La prima guerra, detta di
devoluzione, ebbe inizio nel 1667 e vide come punto di scontro i Paesi Bassi
spagnoli: Luigi XIV infatti rivendicò queste terre a nome di sua moglie
Maria Teresa, figlia del defunto re di Spagna Filippo IV. In cambio del diritto
di successione della figlia, Filippo aveva promesso un indennizzo di mezzo
milione di scudi d'oro che l'erario spagnolo non era stato in grado di pagare. I
successi francesi nella Fiandra belga e nella Franca Contea allarmarono
però l'Olanda, la Svezia e l'Inghilterra, che scesero in campo al fianco
della Spagna. Nel 1668 Luigi XIV fu così costretto ad accettare la Pace
di Aquisgrana, che prevedeva la restituzione da parte dei Francesi della Franca
Contea alla Spagna e concedeva al re Sole il possesso di dodici città
fiamminghe, tra le quali Lilla e Charleroy.
La pace di Aquisgrana, proposta
dagli Olandesi, non piacque a Luigi XIV, che si preparò ad affrontare la
repubblica olandese, con cui la Francia precedentemente era entrata in
disaccordo. Dopo essersi alleato con la Svezia ed aver ottenuto la promessa di
neutralità da parte dell'Inghilterra, Luigi XIV dichiarò guerra
all'Olanda nel 1672.
Durante questo scontro fece particolarmente spicco la
figura di Guglielmo d'Orange, che succeduto a Giovanni de Witt, riuscì ad
arginare l'avanzata franco-svedese e a creare una vasta coalizione antifrancese
comprendente la Spagna, l'Austria, la Prussia, le Province Unite olandesi e
alcuni Stati germanici preoccupati della continua avanzata dell'esercito di
Luigi XIV. Dopo una serie di alterne vicende, Luigi XIV, timoroso del rischio
che Guglielmo d'Orange, marito di Maria Stuart, potesse diventare anche re
d'Inghilterra, accettò per la seconda volta delle trattative di pace. Con
la Pace di Nimega del 1678 la Spagna fu costretta a cedere la Franca Contea e
altre piazzeforti nelle Fiandre alla Francia, mentre in sostanza venne
sanzionata la vittoria dell'Olanda e quindi il fallimento del disegno
imperialistico di Luigi XIV.
Dopo la firma del trattato di Nimega, vi fu
una parentesi di pace abbastanza lunga, durante la quale Luigi XIV cercò
di sopraffare i suoi avversari senza ricorrere alle armi, ma operando una serie
di piccole annessioni che portarono alla proclamazione, nel 1680, della
sovranità francese sull'intera Alsazia e all'occupazione di vari
territori posti sul confine orientale, fra cui le città di Tul, di Metz,
di Verdun e, nel 1681, di Strasburgo. Queste prevaricazioni ebbero ripercussioni
anche in Italia, dove i Francesi occuparono Casale e bombardarono Genova,
colpevole di essere legata da un'alleanza con la Spagna. Le iniziative della
Francia provocarono vivaci proteste da parte delle altre potenze, ma né
la Spagna, né l'Inghilterra, né l'Austria, sempre più
allarmata dalla minaccia turca, furono in grado di opporsi alle mire
espansionistiche francesi.
Nel 1684 Luigi XIV accettò una proposta
di una tregua trentennale avanzata dagli Olandesi (tregua di Ratisbona) che
consentì alla Francia di conservare tutti i territori conquistati o
annessi sino a quel momento. Ma, proprio in questi anni, iniziò la
decadenza della Francia, propiziata dalla vittoria dell'Austria contro i Turchi,
dall'ascesa al trono di Guglielmo d'Orange, che tolse a Luigi XIV l'appoggio
dell'Inghilterra, nonché dalla politica religiosa del re Sole che
scontentò sia i cattolici sia i protestanti. Nel 1688 nacque così
la Lega d'Augusta comprendente l'Austria, la Spagna, l'Inghilterra, l'Olanda e i
principati tedeschi.
Modello tridimensionale della nave da guerra francese Soleil Royal (1670)
Modello tridimensionale di nave francese Reale de France del XVII sec.
L'EUROPA CONTRO LA FRANCIA
La Francia, costretta a dover fronteggiare le
forze coalizzate di tutta l'Europa occidentale, rimase in stato di belligeranza
dal novembre del 1688 all'ottobre del 1697, da cui il nome di guerra dei nove
anni dato a quella che è nota anche come guerra della Lega d'Augusta.
Essa segnò il declino della monarchia francese e l'ascesa di quella
inglese del nuovo re Guglielmo d'Orange, vero e proprio animatore della
coalizione antifrancese. Una spedizione dell'ex re d'Inghilterra, Giacomo II, in
Irlanda, compiuta con mezzi francesi, fallì miseramente e portò
alla sottomissione dell'Irlanda (1691). La flotta francese subì una grave
sconfitta sulle coste della Bretagna e della Normandia nel 1692, mentre
l'esercito era duramente impegnato in Germania, nei Paesi Bassi e in Italia. La
Francia riportò ovunque vittorie che però risultarono sterili,
nonostante l'invasione del Piemonte, dopo che Vittorio Amedeo II di Savoia,
già alleato della Francia, si era unito alla lega di Augusta nel 1690. Ad
aggravare la situazione, nel 1693-94, intervenne una carestia, tra le più
gravi del secolo, che indebolì la Francia intera. Le cause di tale
carestia, che determinò un vertiginoso aumento dei prezzi e una sfrenata
speculazione, vanno individuate nella politica economica di Luigi XIV, volta a
finanziare le imprese belliche. Tale crisi costrinse perciò il sovrano
francese a firmare, nel 1697, la Pace di Ryswyck che sanciva l'abbandono da
parte della Francia di tutte le annessioni effettuate dopo la Pace di Nimega,
eccezion fatta per la città di Strasburgo. Luigi XIV inoltre fu costretto
a riconoscere Guglielmo III d'Orange re d'Inghilterra.
La sconfitta nella
guerra della Lega d'Augusta rese molto critica la condizione delle finanze
francesi accendendo ovunque focolai di rivolta. Data la situazione, Luigi XIV fu
costretto, fra il 1688 e il 1715, ad elargire larghe concessioni alle varie
forze sociali, prima fra tutte il clero.
Filippo IV di Spagna
LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA
Sul finire del XVII secolo la situazione politica
spagnola, visse un ennesimo periodo di crisi sotto il regno di Filippo IV,
dovuto soprattutto alle ripetute sconfitte in campo militare e alle rivolte
catalana e portoghese. Nel settembre del 1665 Filippo IV morì, nominando
successore il figlio Carlo, di appena quattro anni, e stabilendo che la reggenza
fosse affidata alla regina madre Anna Maria d'Asburgo d'Austria. Nonostante la
presenza di un consiglio di reggenza, la regina madre affidò il potere
effettivo al suo confessore, il gesuita tedesco Nidhard, che ben presto si
dimostrò incapace di mantenere le redini di un regno così
profondamente in crisi. La sommossa popolare contro il governo del gesuita fu
guidata da Giovanni d'Austria, figlio illegittimo di Filippo IV e dell'attrice
Maria Calderon, che dopo numerosi successi non osò impadronirsi del
potere. Nel 1675 Carlo II fu dichiarato maggiorenne (a soli quattordici anni) e
poté occupare il posto del padre alla guida dello Stato spagnolo. Carlo
II in realtà, psichicamente instabile e malato fisicamente, non
esercitò mai i propri poteri e le figure dominanti della corte divennero
le sue due mogli, prima Maria Luisa d'Orléans e poi Maria Anna di
Baviera-Neuberg, che però non riuscirono a dare alla Spagna un erede al
trono. Fra il 1698 e il 1700 la salute di Carlo II andò via via
peggiorando e, estinguendosi con lui la dinastia degli Asburgo di Spagna, gli
altri sovrani europei si misero all'opera per tentare un accordo sulla
spartizione dei domini spagnoli. Le complesse trattative diplomatiche sfociarono
nella firma di due trattati di spartizione. Al problema della successione
spagnola erano interessate tutte le grandi potenze europee, tanto che la
questione sfociò in un conflitto passato alla storia come guerra di
successione spagnola. Per le Province Unite olandesi, la scelta di un nuovo
sovrano nei Paesi Bassi spagnoli (l'attuale Belgio) rappresentava una questione
di vita o di morte, data la necessità della presenza di uno
Stato-cuscinetto che proteggesse il territorio olandese dall'espansionismo
francese. Esse potevano inoltre contare sull'appoggio dell'Inghilterra, grazie
ai legami dinastici venutisi a creare in seguito all'ascesa al trono inglese di
Guglielmo III d'Orange.
Per gli Asburgo d'Austria si trattava di affermare
i propri diritti alla successione e per la Francia di contrastare tali pretese,
facendo leva sul fatto che la corona spagnola era trasmissibile anche per linea
femminile e che la maggiore delle sorelle di Carlo II, Maria Teresa, era moglie
di Luigi XIV.
Fra tutti ebbe la meglio Luigi XIV, che il 2 ottobre del 1700
riuscì a far firmare a Carlo II, ormai moribondo, un testamento che, pur
ribadendo il principio dell'indivisibilità dei suoi domini, designava
come successore il giovane pronipote di Luigi XIV, Filippo d'Angiò, a
condizione che le due corone, spagnola e francese, non fossero
riunite.
Così, dopo la morte di Carlo II nel novembre del 1700,
Luigi XIV ruppe gli impegni dettati dai trattati di spartizione e nell'aprile
del 1701 preparò l'ingresso di Filippo V (Filippo d'Angiò) a
Madrid. L'accresciuto potere della Francia e l'atteggiamento assunto da Luigi
XIV, tale da far temere a tutti i sovrani europei la ripresa del suo programma
di egemonia già tentato negli ultimi decenni del '600, coalizzò
contro di lui le altre potenze, rendendo inevitabile un ennesimo conflitto. Nel
maggio del 1702, Olanda, Inghilterra, Impero asburgico e Brandeburgo, il cui
principe Federico I venne per l'occasione nominato re di Prussia, dichiararono
guerra alla Francia dando vita alla Grande Alleanza dell'Aia. I più
grandi Stati europei si pronunciarono a proposito della successione spagnola,
indicando come candidato al trono Carlo d'Asburgo, secondogenito dell'imperatore
Leopoldo I d'Austria. Al fianco della Francia si schierarono inizialmente la
Spagna e Vittorio Amedeo II di Savoia, il Portogallo, il duca di Mantova e il
duca di Baviera, che però ben presto passarono dalla parte degli Alleati.
Il duca di Savoia, firmò il 25 ottobre del 1702 un trattato che gli
assicurava il Monferrato, Alessandria, la Lomellina, la Valsesia e ampi
territori francesi confinanti con il Piemonte, in cambio del proprio
allontanamento dalla politica espansionistica di Luigi XIV.
Dapprima
vittoriosi in Lombardia e in Piemonte, i Francesi riuscirono a cingere d'assedio
Torino nel maggio del 1706, ma, nel settembre successivo, la battaglia di Torino
segnò il definitivo abbandono dei territori italiani da parte
dell'esercito di Luigi XIV, mentre le truppe imperiali marciavano su Napoli
insorta il 7 luglio. Di fronte ad una così vasta coalizione, Luigi XIV si
trovò in difficoltà anche a causa dell'appoggio che i calvinisti,
perseguitati dal re Sole, fornivano costantemente all'Alleanza: tra il 1702 e il
1710 scoppiò in Francia, e più precisamente nelle Cevennes, una
ribellione fomentata dai calvinisti del luogo, soprannominati camisards
perché indossavano un caratteristico camiciotto bianco.
Oltre alle
crisi interne, la Francia visse un periodo molto critico anche sui principali
fronti europei: nei Paesi Bassi l'esercito franco-spagnolo subì
fortissime perdite ad opera degli Inglesi, guidati dal duca di Marlborough, John
Churchill; mentre anche il confine settentrionale francese cedette sotto la
pressione delle forze dell'Alleanza.
L'aggravarsi della situazione militare
spinse il re di Francia ad avanzare le prime offerte segrete di pace: esse
vennero rivolte agli Olandesi con l'intento di staccarli dalla Grande Alleanza,
data la presenza nei Paesi Bassi di un partito favorevole alla pace. Ma la
guerra continuò sino a portare sull'orlo della rovina la Francia, battuta
militarmente e devastata dall'inverno rigidissimo del 1708 e dalla conseguente
carestia. Dopo la caduta di Lilla nel dicembre del 1708, Luigi XIV si convinse a
concludere una pace a qualsiasi costo e nella primavera dell'anno successivo
inviò in incognito all'Aia il suo ministro degli Esteri. Ma anche in
questa occasione non si giunse ad un accordo in quanto Luigi XIV, pur essendo
disposto ad accettare condizioni molto svantaggiose, si rifiutò di cedere
il trono spagnolo sul quale si era ormai insediato suo nipote, Filippo
V.
Fra il 1710 e il 1712 la Francia riuscì, con non poca fatica, a
risollevarsi dalla crisi politica e militare, grazie anche all'opera del grande
generale Villars, che riuscì ad arrestare l'avanzata degli Alleati a nord
e a rimettere Filippo V sul trono. Nel 1711 avvenne poi un fatto determinante
per la risoluzione del conflitto: la morte di Giuseppe I, figlio maggiore di
Leopoldo I e fratello di Carlo d'Asburgo, che gli Alleati proponevano come
successore al trono di Spagna.
Carlo d'Asburgo venne così insignito
del titolo di imperatore e gli Stati della Grande Alleanza persero ogni
interesse a battersi in favore di una possibile egemonia degli Asburgo.
Carlos II ritratto da Carreño
LE PACI DI UTRECHT E DI RASTADT
Il 29 gennaio del 1712 tutte le potenze impegnate
nella guerra di successione spagnola si incontrarono a Utrecht nel tentativo di
stipulare un trattato di pace. L'obiettivo non fu raggiunto facilmente a causa
dei vantaggi che ogni Stato si proponeva di trarre, e le discussioni si
protrassero per lungo tempo. L'11 aprile del 1713 vennero firmati a Utrecht i
trattati di pace tra la Francia e l'Inghilterra, l'Olanda, la Prussia e i
Savoia. Data la non adesione dell'imperatore, la guerra continuò sul Reno
sino alla firma della Pace di Rastadt il 7 marzo del 1714; tra Spagna e Austria
la pace venne ufficialmente conclusa nel 1725 con il riconoscimento austriaco
della sovranità di Filippo V, che rinunciò ad ogni aspirazione
alla successione sul trono di Francia. Quest'ultimo, in cambio del
riconoscimento da parte degli Alleati, dovette cedere all'Inghilterra Gibilterra
e Minorca e all'Impero asburgico i Paesi Bassi spagnoli, la Sardegna, il
Napoletano, lo Stato dei Presidi, e il Milanese; mentre la Sicilia passò
a Vittorio Amedeo II.
La pace di Utrecht inoltre sancì la perdita da
parte della Francia di Terranova e dell'Acadia, regioni del Canada, punti chiave
in campo coloniale, a favore dell'Inghilterra.
Federico Guglielmo I di
Hohenzollern venne confermato re di Prussia e ottenne il territorio della
Gheldria, base molto importante nella regione renana.
L'Italia infine
poté giovarsi della fine della dominazione spagnola; l'Austria, infatti,
subentrata alla Spagna, riuscì a creare un sistema amministrativo molto
più efficiente e dinamico, portando notevoli benefici alle popolazioni
italiane e soprattutto a quelle del Milanese. I trattati di Utrecht segnarono
una svolta nell'Europa, ponendo fine alla supremazia della Francia e dell'Impero
asburgico e stabilendo un nuovo equilibrio tra le potenze europee.
NASCITA DELLO STATO PRUSSIANO
Il Brandeburgo, situato nella zona più
arretrata dell'impero, nonostante fosse uno dei più vasti principati
tedeschi e uno dei sette elettorati, risultava ancora scarsamente popolato e
escluso da tutte le vie commerciali più importanti e privo di risorse
naturali. La casata degli Hohenzollern, dopo aver ottenuto la marca del
Brandeburgo all'inizio del XV secolo, attraverso un'abile politica dinastica
fece importanti acquisti territoriali, occupando tra l'altro la Prussia
orientale (nel 1618) in seguito al matrimonio dell'elettore Giovanni Sigismondo
con la principessa Anna di Prussia. Con la Pace di Westfalia, il Brandeburgo si
assicurò altri importanti acquisti che fecero degli Hohenzollern la
più importante dinastia tedesca dopo quella degli Asburgo. Negli anni
seguenti, a causa dei suoi possessi sul Reno e sul Baltico, si trovò
coinvolto nei conflitti che divisero le grandi potenze europee (la prima guerra
del Nord, nel 1655, e la guerra d'Olanda). Nel primo conflitto, alleandosi prima
con la Svezia e poi la con Polonia, Federico Guglielmo, soprannominato Grande
Elettore, ottenne la conferma della piena sovranità sul ducato di
Prussia.
Dopo la morte di Federico Guglielmo, il potere passò nelle
mani di suo figlio Federico I che proseguì la politica paterna. La
Prussia partecipò inoltre alla guerra contro Luigi XIV a fianco
dell'imperatore e della Grande Alleanza nella guerra di successione spagnola;
questa partecipazione procurò scarsissimi vantaggi territoriali al
piccolo regno prussiano. Nonostante ciò, il primo ministro von Wartenberg
riuscì a soddisfare la grande ambizione di Federico I: quella di
diventare re di Prussia, ottenendo l'assenso dell'Inghilterra in cambio
dell'appoggio nella guerra di successione spagnola. Il 18 gennaio del 1701 ebbe
luogo a Königsberg la cerimonia dell'incoronazione: per sottolineare la
completa indipendenza da ogni forma di potere, sia politico che spirituale,
Federico I incoronò se stesso e sua moglie.
Il centro dello Stato,
tuttavia, non si spostò a Königsberg ma rimase a Berlino e la marca
del Brandeburgo rimase al centro del nuovo regno.
Dopo il riconoscimento
regale, Federico I diede libero sfogo alla sua passione per il fasto a
imitazione di Luigi XIV di Francia. Morto Federico nel 1713, il titolo regale
passò a Federico Guglielmo I.
L'espansione dello Stato prussiano
PICCOLO LESSICO
DIRITTO DI DEVOLUZIONE
Era una particolare norma
di diritto privato in uso nella regione del Brabante (Paesi Bassi spagnoli)
secondo cui una qualsiasi eredità toccava sempre ai figli di primo letto
del padre defunto, indipendentemente dal loro sesso. Luigi XIV tentò di
sfruttare questo cavillo legislativo per rivendicare il diritto di
proprietà dei Paesi Bassi spagnoli per sua moglie, Maria Teresa, figlia
di primo letto di Filippo IV re di Spagna, deceduto nel 1665. Fu proprio questa
contesa il motivo scatenante della guerra di devoluzione del 1667.
GALLICANESIMO
È la dottrina che rivendicava per la Chiesa di
Francia autonomia rispetto al papato romano e che concedeva al re ampi poteri in
materia ecclesiastica. Nata teoricamente nel XIV secolo ebbe una ripresa con
Luigi XIV e con la Dichiarazione del clero gallicano del 1682. Dopo essere stata
condannata da papa Alessandro VIII nel 1690, la dottrina del gallicanesimo si
estinse nel XIX secolo a vantaggio dell'ultramontanismo.
PIRATERIA
Il fenomeno della pirateria, rilevato già nel mondo classico, ebbe il suo apice
nei secoli XVII e XVIII. Dal Mar delle Antille, dove rappresentava uno dei
pericoli più grandi per le navi di passaggio, e dove comunque mantenne il suo
centro nevralgico e il suo rifugio, arrivò, nel giro di un secolo, in tutti i
continenti. Lo sviluppo della pirateria fu legato anche all'operato di Francia
e Inghilterra che arrivarono a finanziare vascelli corsari (ovvero mercenari e
con un regolare permesso, detto lettera di corsa) perché saccheggiassero i
mercantili spagnoli contro i quali erano da sempre in lotta. Nessuna delle due
potenze aveva però previsto che i corsari, divenuti con il tempo più ricchi,
avrebbero deciso di fare un importante salto di qualità divenendo pirati,
ovvero rinunciando alla protezione, al finanziamento e, soprattutto, alla
fedeltà a uno Stato e operando al di fuori della legge. Nel 1717-18 venne
proposto un perdono, da parte inglese, ai pirati che avessero deciso di
abbandonare la pirateria, ma il provvedimento non ebbe nessuna efficacia.
La permanenza della pirateria fu molto dannosa allo sviluppo economico
oltremare di Francia, Spagna e Inghilterra, e paradossalmente la situazione
divenne ancora più grave perché molti marinai che si trovarono senza lavoro
per il fallimento delle loro compagnie mercantili si imbarcarono proprio sulle
navi pirata. Oltre ai pirati e ai corsari, ricordiamo anche i bucanieri,
pirati semi stanziali con sede nei Caraibi detti anche filibustieri.
Tra i pirati più famosi, figure leggendarie e affascinanti, ispiratori
di romanzi e film, ricordiamo l'inglese Edward Teach, meglio noto come
Barbanera (circa 1680-1718), Bartholomew Roberts, pseudonimo di John Robert
(1682-1722), gallese, noto anche come Black Bart, l'inglese Sir Francis Drake
(circa 1540-1596) e il gallese Sir Henry Morgan (1635-1688), entrambi corsari.
Da non dimenticare le donne pirata Mary Read (circa 1680-?) e Anne Bonny (1697-?).
Modello tridimensionale di pistola usata dai pirati nel XVII secolo
Modello tridimensionale di nave corsara
PERSONAGGI CELEBRI
CARTESIO
(1596-1650). Nome
latinizzato di René Descartes, grande filosofo e matematico francese. Fu
l'iniziatore del razionalismo moderno e fondò un metodo filosofico e
scientifico sul modello di quello matematico, con lo stesso rigore formale. Pose
come principio supremo del sapere il cogito ergo sum (penso dunque sono),
cioè la certezza del proprio pensiero e della propria esistenza.
Fondò la geometria analitica, scoprendo il significato spaziale delle
equazioni algebriche e unificando in un solo campo l'algebra e la geometria.
GIOVANNI KEPLERO
(1571-1630). Nome italianizzato di Johannes
Kepler, astronomo tedesco. Dopo essere stato allievo di Ticho Brahe,
perfezionò il sistema copernicano scoprendo che i pianeti percorrono
orbite ellittiche anziché circolari. Le intuizioni di Keplero sono
raccolte nelle leggi conosciute con il suo nome. La prima legge dice che i
pianeti percorrono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei due fuochi;
la seconda che le aree percorse dal raggio che collega il Sole al pianeta sono
proporzionali ai tempi impiegati per percorrerle; la terza enuncia che i
quadrati dei periodi di rivoluzione planetari sono proporzionali ai cubi dei
semiassi maggiori delle loro orbite.
ISAAC NEWTON
(1642-1727). Fu uno dei più grandi
scienziati inglesi; dopo essere stato professore all'Università di
Cambridge, fu eletto direttore della Zecca di Londra. Nel 1675 entrò
nella Royal Society di cui divenne presidente nel 1703. I suoi studi di
meccanica e di fisica lo portarono ad elaborare una nuova teoria sui colori e la
famosa legge di gravitazione universale, secondo cui tutti i corpi celesti si
attraggono fra di loro con una forza direttamente proporzionale al prodotto
delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
RIASSUNTO CRONOLOGICO
1661: muore Mazarino e per la Francia
incomincia il cinquantennio di assolutismo monarchico di Luigi
XIV.
1640-1688: la Prussia conosce un periodo d'oro sotto la guida di
Federico Guglielmo.
1667-1668: guerra di devoluzione provocata da
Luigi XIV per il possesso dei Paesi Bassi spagnoli.
1668: viene
redatta la Pace di Aquisgrana che pone fine alla guerra di devoluzione.
1672: Luigi XIV dichiara guerra all'Olanda.
1678: la Pace
di Nimega pone fine alla guerra d'Olanda.
1685: Luigi XIV revoca
l'Editto di Nantes costringendo gli ugonotti all'abbandono della
Francia.
1688: incomincia la Guerra di Augusta o Guerra dei nove
anni, che vede contrapposta la Francia alla Lega d'Augusta (composta
dall'Impero, dalla Spagna, dall'Inghilterra, dalle Province Unite olandesi e da
alcuni principi germanici).
1697: viene firmata la pace di Ryswyck
che determina la fine della guerra della Lega d'Augusta e dà il via al
declino del regno di Luigi XIV.
1700: muore Carlo II d'Asburgo re di
Spagna.
1701: dopo varie controversie, Filippo V di Borbone (nipote
di Luigi XIV) assume di fatto la corona spagnola.
1702: inizia la
guerra di successione spagnola.
1711: muore Giuseppe II, imperatore
asburgico, a cui succede il fratello Carlo VI, candidato della Grande Alleanza
al trono di Spagna.
1713-1714: paci di Utrecht e
Rastadt.
1720: pace dell'Aia.